Le conseguenze psicologiche del divorzio sui figli

Il divorzio è un fenomeno sempre più diffuso, con dati in continua ascesa che si modificano molto rapidamente. Non è un evento che si circoscrive in un breve arco di tempo, per questo preferiamo parlare di processo che si consuma lentamente, anche perché la crisi tra i coniugi nella maggior parte dei casi comincia anni prima.
Nella sua evoluzione il divorzio viene diviso in tre fasi:
- La prima ha una durata variabile da mesi ad anni, è caratterizzata da conflitti continui tra i coniugi, i quali approderanno al divorzio dopo tempo. In questo periodo si possono avere reazioni depressive di uno dei due coniugi oppure manifestazioni aggressive e fisicamente violente alle quali i figli assistono. È stato registrato che anche a distanza di 10-15 anni dalla separazione i figli ricordano perfettamente gli episodi di violenza tra i genitori e spesso sognano con angoscia questi eventi.
- La seconda fase è più di transizione, si modificano le relazioni familiari, i coniugi cambiano abitazione, stile di vita e le proprie abitudini. Cambia la condizione socioeconomica e molto importante è la relazione che il bambino è in grado di instaurare con i nuovi partner dei genitori. Anche la presenza più massiccia di nonni e zii rappresentano delle novità, alle quali il minore reagisce in modo diverso.
- La fase finale dovrebbe comportare la stabilizzazione di nuovi rapporti ed il raggiungimento di gratificazioni e di equilibri modificati. Molte coppie, però, non risolvono mai la separazione, restano intrappolati in una perenne elaborazione del lutto, manifestando rabbia e sentimenti di colpa continui che ostacolano il raggiungimento di un atteggiamento di crescita.
Gli studi longitudinali dimostrano che l’esperienza del divorzio è sicuramente traumatica per il bambino con effetti sull’emotività ed il comportamento. La maggior parte dei minori supera la fase acuta da stress nei primi 18 mesi; il 30% degli infanti, tuttavia, è depresso e dopo 10 anni l’influenza dell’esperienza del divorzio è ancora ben presente a livello psicologico, soprattutto nelle ragazze che temono di ripetere la medesima scelta all’interno di eventuali rapporti importanti.
La ristrettezza economica è un fattore predittivo negativo: spesso, il genitore affidatario, nella maggior parte dei casi, la madre, dopo il divorzio è costretta a lavorare, diminuendo la sua presenza fisica e la sua disponibilità emotiva verso il minore.
Altro fattore negativo è che, molto spesso, i figli si trovano ad essere inseriti nel conflitto e vengono utilizzati come unico tramite di comunicazione tra i coniugi.
La persistenza, invece, di un legame importante con altri fratelli dopo la rottura tra i genitori è considerato un fattore predittivo sicuramente positivo nella evoluzione futura della vita del minore.
Un fattore che molti studi hanno messo in luce è la riduzione della “capacità genitoriale” dei coniugi dopo il divorzio, condizione che, si pensa, possa dipendere da vari fattori: dal fatto che impiegano tutte le loro energie nel conflitto coniugale; oppure dalla condizione di cercare di investire in nuove realtà emotive e lavorative; o ancora sono spinti da fantasie consapevoli o inconsce ad abbandonare tutto ciò che riguarda il matrimonio. Tutto questo si può tradurre in una temporanea inversione di ruolo che non da sufficiente spazio alle esigenze dei figli.
Nei divorzi con un elevato livello di conflittualità, soprattutto quando i figli sono in un’adolescenza avanzata, si può creare un’alleanza tra il ragazzo e uno dei genitori con la tendenza a proiettare sul genitore assente la rabbia e le colpe per il divorzio.
La reazione a breve e a lungo termine in seguito a divorzio dipende molto dall’età del minore.
Nell’età prescolare tra i 3 e i 5 anni il bambino non distingue bene il Sé dagli altri, ha un pensiero concreto, per cui vive il divorzio come una separazione fisica, non comprende i sentimenti che provano i genitori, pensa che la separazione sarà solo temporanea e spesso coltiva la fantasia di essere egli stesso causa delle continue liti tra i coniugi. In questi bambini possiamo osservare la regressione a comportamenti molto infantili come disturbi del sonno, reazioni spropositate all’allontanamento del genitore, manifestazione di comportamenti fobici, forti impulsività, reazioni di rabbia, scadimento nelle prestazioni scolastiche.
I bambini tra gli 8 e i 12 anni sono quelli che inizialmente sembrano non soffrire molto per la separazione, vengono forzatamente coinvolti nel conflitto tra i genitori assumono le difese di uno dei due, anche perché più in grado di comprendere il conflitto. In questi casi alcuni bambini reagiscono con una certa indifferenza, altri, invece, adottano un comportamento di care-giving, prendendosi cura del genitore che si trova maggiormente in difficoltà. Anche in questi casi, tuttavia, si possono manifestare sintomi somatici e problemi di identità.
Per quel che riguarda gli adolescenti, la maturazione delle funzioni cognitive permette loro di comprendere e spiegarsi le motivazioni del divorzio in termini di incompatibilità dei genitori. Si preoccupano principalmente per le conseguenze che il divorzio può avere per loro e per i familiari. Le reazioni sono molto diversificate: si possono rivolgere al gruppo di pari, oppure si ritirano strategicamente dal conflitto dei genitori, a volte sono insoliti e eteroaggressivi verso i coetanei o il genitore che ne ha la custodia. È anche possibile che si facciano carico del genitore più debole oppure che cerchino di mantenere un rapporto empatico con entrambe le figure di accudimento primario.
In conclusione, si evince che il divorzio è un evento stressante e lo diventa sempre più soprattutto se prolungato nel tempo.
Alcune modalità di risposta a queste crisi dipendono dal tipo di attaccamento: in quelli con maggiore utilizzo di affettività, ma con inibizione della cognizione si può assistere all’espressione di una intensa aggressività nei bambini; negli accudimenti che danno inibizione dell’affettività spesso l’infante manifesta un maggiore ritiro ed una inibizione sociale. Chi al contrario ha avuto un attaccamento sicuro, superata la fase della maturazione cognitiva ed affettiva, non riporta gravi conseguenze per il divorzio anche se ha rappresentato un difficile periodo di elaborazione emotiva, ma addirittura ne può uscire rafforzato.
Giacoma Cultrera
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