Il disturbo di personalità

Gran parte del comportamento che osserviamo negli animali è generalmente considerato come “programmato”. Lo sviluppo di questi programmi dipende in buona misura dall’interazione tra strutture geneticamente determinate e l’esperienza. Anche negli esseri umani i programmi cognitivo-affettivi e motivazionali di lunga data influenzano i nostri processi automatici, cioè il modo di analizzare gli eventi, la percezione e il comportamento di intervento.
La selezione naturale ha sviluppato una sorta di adattamento tra il comportamento programmato e l’ambiente. Così le strategie di predazione, di competizione e di socievolezza che erano molto utili nell’ambiente primitivo, non sempre si adattano al mondo odierno, costituito da una società altamente industrializzata, tecnologica, con una sua specializzata organizzazione culturale e sociale. Un adattamento disfunzionale potrebbe rappresentare un fattore determinante nello sviluppo di quel comportamento disadattivo che i clinici indicano come “disturbo di personalità”.
L’origine fondamentale dei prototipi, determinati geneticamente, del comportamento umano possono essere considerati cioè delle “tendenze” che possono aumentare o diminuire con l’esperienza.
Gli individui con disturbo di personalità manifestano gli stessi comportamenti ripetitivi in molte più situazioni di quanto facciano gli altri. I tipici schemi disadattivi in personalità disturbate sono elicitati molto facilmente dalla maggior parte delle situazioni, hanno una qualità compulsiva, e sono meno facili da controllare o modificare rispetto agli stessi schemi delle altre persone. Ogni situazione che influisce nelle loro configurazioni cognitive disadattive attiva gli schemi disfunzionali rispetto a quelli più adattivi. Rispetto ad altri soggetti i loro atteggiamenti e comportamenti disfunzionali sono troppo generalizzati, rigidi, imperativi e resistenti al cambiamento.
Il modo in cui le persone elaborano i dati su sé stessi e sugli altri è influenzato dalle loro convinzioni e da altri elementi della loro organizzazione cognitiva. Quando esiste un disturbo di qualche tipo – disturbo di personalità (Asse II) – l’uso regolato di questi dati diventa sistematicamente influenzato in modo disfunzionale. Ciò influisce sull’interpretazione degli eventi e il conseguente comportamento è costituito da convinzioni disfunzionali.
Sebbene fenomeni come pensieri, sentimenti e desideri possano apparire brevemente alla nostra coscienza, le strutture sottostanti responsabili di queste esperienze soggettive sono relativamente stabili e durature. Inoltre, queste strutture non sono consce, sebbene si possa, attraverso l’introspezione, identificare il loro contenuto.
Tuttavia, attraverso processi consci come il riconoscimento, la valutazione e la verifica delle loro interpretazioni, i soggetti possono modificare l’attività delle strutture sottostanti e, in alcuni casi, cambiarla sostanzialmente (tecniche di base di terapia cognitiva).
Importante è esaminare gli schemi della personalità, che rappresentano quelle strutture che integrano e attribuiscono significato agli eventi. Il loro contenuto può avere a che fare con relazioni interpersonali e, quindi, l’atteggiamento verso sé stessi e gli altri o con categorie interpersonali come gli oggetti inanimati. Gli schemi hanno caratteristiche strutturali come l’ampiezza, la flessibilità, la rigidità e la densità (cioè la loro prevalenza nell’organizzazione cognitiva). Quando gli schemi sono latenti non partecipano all’elaborazione delle informazioni, quando sono attivati dirigono l’elaborazione cognitiva dalle prime fasi alle ultime.
Gli schemi tipici dei disturbi di personalità sono simili a quelli che vengono attivati nelle sindromi sintomatiche, ma sono operativi su una base più continua nell’elaborazione dell’informazione. Sono dominanti in questi disturbi e vengono attivati anche da stimoli vaghi e superficiali, così nell’elaborazione dell’informazione sostituiscono subito gli schemi o le configurazioni più appropriati che vengono inibiti.
Le auto-valutazioni e le auto-istruzioni sono regole interne che servono per stabilire durante la crescita e nella maturità la base da cui derivano i nostri modelli, le aspettative e i nostri piani d’azione. Le funzioni di controllo, infatti, a livello cognitivo vengono divise in quelle interessate all’auto-regolazione e quelle che implicano una relazione con l’esterno, cioè l’ambiente sociale.
I processi auto-regolatori di particolare importanza nei disturbi di personalità riguardano il modo in cui le persone comunicano con sé stesse. Le comunicazioni interne includono l’autocontrollo, l’autostima, l’autovalutazione, le autoistruzioni. Quando sono eccessivi o deficitari questi processi diventano più evidenti. Le persone possono non essere consapevoli di questi auto-segnali a meno che non vengano allenati a dirigere l’attenzione su di essi.
Le convinzioni disfunzionali dei pazienti diventano più estreme e rigide quando si sviluppano i disturbi affettivi – diagnosticati sul I Asse -come ansia o depressione.
La progressione della disfunzione cognitiva dal disturbo di personalità all’ansia o alla depressione avviene in seguito al graduale e progressivo deterioramento della valutazione della realtà.
Le convinzioni più antiche sono di difficile modifica, quelle recenti, invece, sono più suscettibili di cambiamento con la psicoterapia. Poiché gli schemi del modello normale sono più coerenti e rappresentano maggiormente l’organizzazione cognitiva, di conseguenza sono meno soggetti a cambiare. Questi schemi forniscono le caratteristiche distintive sia alla personalità normale che al disturbo di personalità. All’interno di ogni disturbo di personalità alcune convinzioni e strategie sono predominanti e formano un profilo caratteristico.
La comprensione delle convinzioni tipiche e delle strategie di ogni disturbo di personalità offre una mappa di riferimento per i terapeuti. Manifestano atteggiamenti e comportamenti che si sovrappongono ad altri disturbi, di conseguenza per il terapeuta è importante trattare queste variazioni sia per effettuare una valutazione esaustiva sia per operare in modo strutturato e risolutivo.
Giacoma Cultrera
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