L’adozione e l’affido

In quest’articolo viene brevemente trattata la tematica dell’adozione e dell’affido nella legislazione italiana ed internazionale.

Dal punto di vista legislativo l’Istituto dell’adozione è stato molto modificato negli ultimi 25 anni. La Lg. 184 del 4 maggio 1983 ha stabilito che l’adozione può essere applicata solo nel caso in cui, decreta la giurisprudenza, il minore venga reputato “essere in stato di abbandono”, in quanto privato in modo non transitorio di assistenza morale e materiale da parte delle figure genitoriali o di altri parenti.

Un fenomeno che si registra, in Italia, è un aumento delle domande e un calo del numero dei bambini dichiarati adottabili. Questo dato viene, in genere, spiegato con l’uso diffuso di metodi contraccettivi, con la legalizzazione dell’aborto, con l’aumento delle adozioni intrafamiliari e, infine, con l’aumento del numero di madri single che accettano di crescere i figli da sole o con la cooperazione della famiglia di origine.

Per il Tribunale dei Minori la tipologia della coppia adottante è rappresentata da soggetti “con un’età inferiore ai 40 anni e con un livello sociale e culturale medio-alti”.

Agli inizi degli anni ’80, per supplire alla carenza di neonati adottabili, si è ricorsi all’adozione di bambini a rischio, cioè con un’età superiore ai 10 anni e con precedenti di abuso e abbandono sommati a disturbi della condotta. Questo tipo di adozione aperta è stata abbondantemente utilizzata dai paesi anglosassoni, in Italia tale misura in campo di adozioni non è stata adottata e ci si è attenuti a linee guida più caute.

L’adozione in questi casi più a rischio di fallimento non è priva di problemi proprio per i vissuti che i bambini si portano dietro. Di conseguenza, abbiamo un insieme di difficoltà che si pongono anche sul piano psichiatrico.

Infatti, i bambini adottati maschi vengono condotti dallo psichiatra essenzialmente per la presenza di disturbi della condotta, del carattere, di abuso e dipendenza da stupefacenti; invece, le femmine mostrano comportamenti inadeguati soprattutto sul piano sessuale.

Ovviamente vi sono dei problemi ricorrenti nel bambino adottato, perché deve sempre confrontarsi con due famiglie: quella di origine e quella di adozione. Nel bambino adottato i dubbi continui relativi alla famiglia di origine, alla reale natura dei genitori biologici non favoriscono lo sviluppo di un forte senso di identità con un adeguato consolidamento del senso del Sé.

Una tematica, in tutto questo,  fondamentale è che l’adozione rappresenta la conferma di un abbandono. Il minore abbandonato, oltre alla rottura dei legami affettivi, vede anche allontanarsi dei punti di riferimento, di conseguenza deve riadattare i propri comportamenti ad una nuova realtà. Naturalmente maggiore è la differenza socioculturale tra i due nuclei familiari più difficoltosa e critica sarà questa fase.

La capacità da parte dei genitori adottivi di parlare della sua vera origine dipende dalla sicurezza personale e familiare dei membri del nucleo adottivo e dalla loro capacità di empatizzare con i genitori naturali, cercando di comprendere e accettare le motivazioni che li hanno spinti ad abbandonare il minore.

I genitori adottivi presentano altre problematiche, perché spesso l’adozione è legata alla sterilità di uno o entrambi i genitori: il non superamento di questo senso di incapacità, la ferita narcisistica che ne deriva e l’origine psicogena del problema sessuale, in genere, sono correlati ad una prognosi negativa dell’evoluzione dell’adozione ed allo sviluppo di problemi emotivi nel bambino.

Un altro aspetto importante che distingue i genitori adottivi da quelli naturali è il non avere vissuto la gravidanza, un periodo durante il quale viene elaborata una nuova concezione della situazione familiare e, in contemporanea, si assumono nuovi ruoli e responsabilità.

Ad oggi i criteri che si seguono sono rappresentati da un buon equilibrio emotivo, da un’adeguata affettività  della coppia e  da una buona integrazione sociale, oltre che da una capacità di cambiamento, da un’attitudine alla comunicazione e da una buona abilità di elaborazione delle emozioni all’interno della coppia.

Non va trascurata l’analisi attenta dell’ambiente, in cui il bambino si ritroverà a vivere dopo l’adozione, da parte del personale addetto, sia dal punto di vista delle risorse affettive che cognitive dei genitori adottivi. Ormai è dimostrato che la somma tra ereditarietà e ambiente lascia una traccia indelebile nello sviluppo del bambino.

Dal 1987 in poi le richieste di adozioni internazionali sono state in costante crescita e più del 75% di queste hanno avuto un buon esito. I fattori di rischio di un’evoluzione negativa sono legati al più rapido accesso all’adozione e alla conoscenza confusa e non chiara della legislazione che la regolamenta. Naturalmente le condizioni psicofisiche del bambino al momento dell’adozione hanno un’importanza fondamentale nella predizione di possibili patologie che può sviluppare.

La Lg. del 4 maggio 1983 stabilisce anche regolamentazioni  dell’affidamento dei minori, provvedimento che ha lo scopo di assicurare ai bambini il mantenimento, l’istruzione e l’educazione; gli affidatari hanno il compito di supportare il rapporto del bambino con i genitori naturali al fine di poterne favorire un successivo reinserimento. L’affidamento corrisponde sempre più negli ultimi anni all’esigenza di fornire accudimento a bambini maltrattati, abusati, con problemi di comportamento o patologie psichiatriche. Ciò è anche dovuto all’incremento di consapevolezza presso la popolazione generale della violenza presente nell’infanzia.

La famiglia affidataria dovrebbe avere il compito di far crescere il bambino e, quindi, di favorire una relazione di attaccamento momentanea e sostitutiva, per poi separarsi nel momento in cui si dovesse avere un rientro nella famiglia di origine. Da questo punto di vista l’affidamento non è solo un aiuto che si offre a un bambino, ma anche il sostegno che una famiglia riesce a dare ad un’altra.

L’affidamento non dovrebbe mai essere un provvedimento di urgenza, bensì va pianificato e programmato quanto più è possibile nei tempi e nei modi, sia con i genitori naturali che affidatari oltre che con i bambini; lo psichiatra dovrebbe cercare di supportare il minore nel lavoro di elaborazione del lutto e nella risoluzione della ferita legata all’affidamento. Bisogna valutare, soprattutto, il delicato equilibrio che si stabilisce nel nuovo nucleo familiare, considerando le diverse situazioni e le reazioni del minore che spesso sono quelle che forniscono il maggior numero di indicazioni al fine di procedere con interventi terapeutici adeguati.

                                                           Giacoma Cultrera

L’immagine di copertina è stata tratta da unsplash.

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