L’involuzione delle società attuali

Negli ultimi decenni del XX secolo gli osservatori più attenti hanno notato che un livello di crisi sempre più profonda a livello mondiale ha cominciato a pervadere le società del nostro pianeta. Si tratta di una crisi complessa, multidimensionale, le cui svariate sfaccettature finiscono col toccare ogni aspetto della nostra vita, cioè la salute, i mezzi di sussistenza, l’ecosistema, l’economia, la politica, la tecnologia, il network sociale.

Le dimensioni morali, intellettuali e spirituali pongono un’urgenza di questa degenerazione che non ha precedenti nella storia umana. Le armi a disposizione, ma non solo il nucleare, lo vediamo anche con le infezioni virali, che se pilotate, possono rappresentare una reale minaccia per la estinzione della specie.

La Storia ci insegna che una civiltà continua a crescere finchè la sua risposta positiva alla sfida iniziale genera una crescita culturale positiva, la quale, però, nel tempo spinge quel gruppo sociale al di là di uno stato di equilibrio sino a raggiungere una sorta di squilibrio che rappresenterà una nuova sfida. Sembrerebbe, da alcuni studi, che questi ritmi di crescita culturali siano connessi a processi di fluttuazione, osservati nei millenni e che sono stati sempre considerati parte della dinamica fondamentale dell’universo.

Una volta raggiunto un culmine di creatività, le civiltà tendono a perdere energia creativa e declinano. Secondo Toynbee un elemento fondamentale in questo processo di disgregazione sarebbe la perdita di flessibilità e la prevalenza di modelli stereotipati. Egli spiega che quando le strutture sociali e i modelli di comportamento diventano così rigidi da impedire alle società di adattarsi alla mutevolezza delle situazioni ambientali, allora esse diventano incapaci di mettere in atto un processo creativo nell’ambito dell’evoluzione culturale e finiranno col decadere e disintegrarsi.

Così se le società in crescita mostrano una versatilità senza fine, quelle in via di disintegrazione diventano uniformi e prive di inventiva. La perdita di flessibilità indica anche disarmonia tra i suoi membri e, quindi, fenomeni di discordia e disgregazione sociale.

L’uomo deve tornare ad ispirarsi ai sistemi che la natura ci offre come esempi di autorigenerazione.

I singoli organismi, gli ecosistemi sono sistemi auto-organizzatisi e auto-regolatisi, in cui animali, piante, microrganismi e sostanze inanimate sono connessi  in un tessuto di interdipendenze, che implica lo scambio di materia e di energia in cicli continui. Non esistono, infatti, rapporti lineari di causa-effetto in questi sistemi. La consapevolezza ecologica la ritroviamo nelle culture tradizionali.

La saggezza sistemica si fonda su un rispetto profondo per la sapienza della natura. Il nostro ambiente naturale è fatto di innumerevoli ecosistemi abitati da organismi che si sono evoluti insieme nel corso di miliardi di anni, usando e riciclando le stesse molecole del suolo, dell’acqua e dell’aria. I principi di organizzazione di questi ecosistemi devono essere considerati superiori a quelli di tecnologie umane fondate su invenzioni recenti e su proiezioni lineari a breve termine.

Il nostro ambiente naturale non è solo vivo ma anche intelligente. L’intelligenza degli ecosistemi, in contrapposizione alle istituzioni umane, si manifesta nella tendenza onnipresente a stabilire rapporti di cooperazione che facilitano l’integrazione dei componenti sistemici a tutti i livelli di organizzazione.

Una crescita indifferenziata tende ad andare di pari passo con la frammentarietà, con il disordine e con il venir meno della comunicazione. Il ripristino dell’equilibrio e della flessibilità delle nostre economie, tecnologie e istituzioni sociali sarà possibile solo portando avanti parallelamente un mutamento profondo dei valori. Il nostro stato attuale di squilibrio è in gran parte una conseguenza di una crescita indiscriminata.

Ne vediamo gli effetti nelle lotte dissennate tra gli Stati e soprattutto in esperimenti scientifici di modifiche genetiche che anche se proibiti vengono portati avanti con il rischio di uccidere moltissime persone. Certamente non sono questi i modelli adattivi per l’uomo ed è inconcepibile la modifica genomica effettuata in laboratorio.  

Il ritorno a una nuova scala, più umana, non significherà un ritorno al passato, ma, al contrario, richiederà lo sviluppo di nuove forme ingegnose di tecnologia e di organizzazione sociale.

                                                         

Giacoma Cultrera

2 Comments

  1. Gentilissima Dottoressa Cultrera,

    grazie per il Suo interessante articolo.
    Solo cooperando armoniosamente noi esseri umani possiamo sopravvivere perché siamo interdipendenti tra noi e con la natura: “Il fasciame della creazione è amore.” Come affermava anche Jung una il recupero di una prospettiva religiosa, nel suo più profondo senso etimologico, è essenziale, non solo per il benessere individuale, ma anche collettivo. ” Tutti ci salveremo o nessuno.
    Cordiali saluti e auguri di ogni bene 🤗 Buona Pasqua 💝
    Maria Concetta Tommasi

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