Cervello e Sistema Immunitario

Il sistema immunitario riveste un ruolo fondamentale nel mantenere l’identità genetica dell’organismo e, di conseguenza, per la sua sopravvivenza. Come il cervello riceve stimoli sensoriali, ai quali risponde con comportamenti adatti all’ambiente: tali risposte sono strettamente specifiche e in rapporto alle caratteristiche degli stimoli ricevuti.
Studi neuroanatomici hanno messo in evidenza il ruolo fondamentale che alcune strutture come l’ipotalamo rivestono nella modulazione della funzionalità cellulare. Lesioni ipotalamiche, infatti, inducono alterazioni della sintesi anticorpale, modificazioni di fattori tissutali locali oltre ad alterazioni della reattività dell’organo bersaglio.
Altri studi hanno dimostrato la presenza di innervazione nelle strutture del sistema immunitario, in particolare la milza, il timo ed il midollo osseo.
Un ulteriore tipo di ricerche tenderebbe a dimostrare l’esistenza di una correlazione tra lateralizzazione cerebrale e funzionalità immunitaria.
Di estremo interesse è il dato rilevato dai ricercatori, in base al quale quando il sistema immunitario viene a contatto con un allergene parallelamente avviene un’alterazione elettrica a livello talamico, come se il cervello ricevesse l’input che il corpo è entrato in contatto con materiale macromolecolare estraneo. Si pensa siano coinvolte differenti vie, delle quali una nota è sicuramente la produzione di mediatori solubili, come le citochine, che vengono prodotte quando il sistema immunitario viene a contatto con un antigene, non si esclude, però, il coinvolgimento anche di vie nervose afferenti.
È possibile che, come per altre interazioni cervello-sistema immunitario, siano in gioco diversi meccanismi di intervento come quelli peptidergici e le vie neuroendocrine o un’azione diretta mediata dall’innervazione delle strutture linfatiche.
Si ritiene che meccanismi programmati geneticamente di autoregolazione probabilmente assicurino la funzionalità e l’interazione dei due sistemi. Tuttavia, per entrambi è importante l’apprendimento e l’interazione con l’ambiente.
Come il sistema nervoso anche il sistema immunitario è in grado di apprendere informazioni nuove e di ricordarle, riponendole in memoria. Infatti, il contatto con un agente esterno rende il soggetto nell’età adulta immunitariamente più forte e capace di reagire.
Il livello operativo di funzionamento, però, è certamente diverso: il cervello, infatti, controlla principalmente la regolazione delle interazioni “macroambientali” dell’organismo nel suo complesso; invece, il sistema immunitario, dalle conoscenze che abbiamo finora, lavora a livello di interazioni microambientali.
Tutte le teorie derivate dagli studi condotti tendono a sostenere uno stretto contatto con uno scambio continuo di informazioni tra i due sistemi che in tal modo coordinerebbero in una certa misura le reciproche azioni. In questo modo è, infatti, possibile adattare la funzionalità microambientale del sistema immunitario alle variazioni macroambientali. Non diventa difficile immaginare che nello scambio di informazioni tra i due sistemi l’immunitario informi il cervello delle variazioni avvenute a livello micromolecolare.
Oramai sembra evidente l’esistenza di un anello che crea una circolarità di informazioni tra cervello-sistema immunitario-cervello.
Nella direzione cervello-sistema immunitario è stato elaborato un modello interpretativo di tale interazione, secondo il quale la regolazione del sistema immunitario viene descritta a due livelli diversi: un primo livello di regolazione, autoprogrammato su base genetica e articolato su meccanismi intrinseci del sistema stesso e un secondo livello di modulazione articolato attraverso mediatori neuroendocrini e neuropeptidergici.
Un’altra serie di studi recenti hanno messo in evidenza una sensibilità del sistema immunitario allo stress acuto.
Sono state riscontrate evidenze suggestive dell’immunità, in base alle quali livelli di “solitudine psicosociale”, misurata con apposite scale di valutazione, è stata trovata associata a elevati livelli di cortisolo urinario (coinvolgimento anche del sistema endocrino) e a una minore attività delle cellule natural Killer.
Soggetti esposti a stress emozionali di attesa di intervento chirurgico hanno fatto rilevare l’alterazione di diversi parametri immunitari, quali la reattività dei linfociti T alla PHA, riduzione delle cellule T formanti rosette e l’iporeattività allo skin test.
Esiste una discreta evidenza che condizioni di stress psicologico possano agire come co-fattore che incrementa il rischio di alcune malattie infettive come la mononucleosi e le infezioni respiratorie superiori.
Le ricerche effettuate sia nell’animale che nell’uomo hanno confermato che gli agenti stressanti in grado di provocare un’adeguata reazione emozionale possono produrre alterazioni della funzione immunitaria. Nell’uomo sono state dimostrate soprattutto alterazioni a carico dell’immunità cellulare.
È possibile che personalità differenti e modalità individuali diverse della gestione dello stress comportino alterazioni del sistema immunitario che presenta una fortissima variabilità interindividuale.
Questo dato è in perfetto accordo con tutti quegli studi che hanno dimostrato la presenza di una variazione individuale nelle risposte neurovegetative e neuroendocrine allo stress, poiché dipendono anche dalla differente modalità psicologica individuale con cui il soggetto affronta lo stress.
Per ritornare su un piano più organico non è più possibile “pensare” per un ricercatore non in modo unitario ed integrato: i sistemi sono intercorrelati, lo vediamo quando le endorfine non sono solo prerogativa delle sinapsi nervose come co-trasmettitori, ma sono prodotte anche a livello delle cellule immunitarie, agendo sia come modulatori su altre cellule immuni sia come agenti con effetto analgesico a livello dei tessuti locali.
Giacoma Cultrera
L’immagine di copertina è stata tratta da unsplash.