Il disturbo depressivo

Il nucleo centrale di un’organizzazione cognitiva personale depressiva è caratterizzato dalla tendenza a oscillare tra rabbia e disperazione anche innanzi a eventi discrepanti minimi, poiché in base all’evoluzione organizzazionale del sistema, che questi soggetti hanno avuto tendono a categorizzare ogni evento in termini di perdita e delusione.

Gli eventi di vita che si prestano ad essere percepiti come perdita o delusione sono stati elencati da Brown ed Harris (1978) in questo modo: separazione o minaccia di separazione; malattia grave di una persona cara; l’apprendimento di informazioni spiacevoli che sminuiscono l’immagine di una persona e del rapporto che si ha con essa; perdite o crack economici; cambiamento forzato dell’ambiente di vita.

Anche se il soggetto ha la possibilità di elaborare l’esperienza personale di perdita in una dimensione più astratta, che avvicinerebbe la persona alla modalità di vivere il reale secondo gli schemi comuni a tutta l’umanità, tuttavia non riesce a farlo. Resta fermo nel categorizzare qualsiasi delusione o senso di solitudine come risultati inevitabili della sua negatività personale.

Un’organizzazione cognitiva di tipo depressivo presenta modelli di disfunzione cognitiva caratterizzata da reazioni di disperazione di varia entità. Il depresso generalizza la disperazione a tutti i settori di esperienza. Questo atteggiamento cognitivo si associa ad una riduzione marcata dell’attività motoria e a volte possono arrivare ad una immobilità totale. Innanzi alle difficoltà della vita la reazione emotiva immediata di questi soggetti è quella di rimanere passivi in modo da ridurre gli sforzi, atteggiamento che accresce notevolmente il loro senso di impotenza e disperazione.

A livello esplicito il tentativo dell’individuo consiste nel cercare di mantenere stabile l’immagine di sé abituale e questo avviene attraverso l’elaborazione di teorie casuali che continuano a confermare un’immagine negativa di sé, del mondo e di ogni possibile futuro.

A livello tacito oscillazioni perturbanti che riguardano la perdita tendono a manifestarsi attraverso reazioni emotive incontrollate di rabbia e disperazione che sono continuamente interconnesse. Questa oscillazione tra rabbia e disperazione si accompagna a schemi motori che alternano all’inerzia comportamenti autodistruttivi veri e propri. L’organizzazione depressiva in tal modo si assesta su un equilibrio precario, che si destabilizza ogni qualvolta aumenta la probabilità che il soggetto esperisca percezioni di perdita o minime delusioni.

Questi soggetti hanno esperito un modello disfunzionale di attaccamento in cui la perdita ha avuto un ruolo determinante. I soggetti con organizzazione cognitiva di tipo depressivo hanno una  percentuale più alta della morte di un genitore in età precoce rispetto ad altri pazienti psichiatrici. Altra situazione che rientra nella categoria della perdita affettiva è la separazione prolungata o definitiva da un genitore significativo durante la fanciullezza o pubertà.

Altrettanto frequente è la condizione di genitori poco espansivi, apparentemente distaccati, che attribuiscono particolare importanza al successo e prestigio personale. Le loro strategie educative sono malfunzionanti, perché se da una parte richiedono al bambino il raggiungimento di livelli non comuni di prestazione e di senso di responsabilità, dall’altro lato non forniscono il normale sostegno emotivo e affettivo necessario per raggiungere tali obiettivi e sviluppare un’adeguata competenza personale.

Altra condizione è l’inversione della relazione genitore-bambino con un maternage invertito. In questo caso il genitore costringe il figlio a prendersi cura di lui accusandolo frequentemente di non meritare il suo affetto e, quindi, di essere poco amabile e inadeguato. Altra condizione è la variante del “controllo privo di affetto”, in cui è presente e costante un atteggiamento di rifiuto e di distacco emotivo nei confronti del bambino.

In questa complessa rete di processi che intercalano rabbia e disperazione l’emergere della rabbia rappresenta lo strumento più efficace ed economico per impedire che la tristezza e la disperazione diventino così dirompenti da risultare disadattive.

In questi soggetti l’emergenza della propria individualità ed unicità è quella di una persona poco amabile, incapace di mantenere un rapporto sicuro con le figure di accudimento. L’esperienza di solitudine che ne deriva aggiunge alla percezione di sé il senso di dovere contare solo su se stessi nell’esplorazione del mondo. La continua anticipazione di perdite e fallimenti, che viene sperimentata a livello ideale dal bambino depresso, diventa la modalità più efficace per controllare e ridurre l’intensità delle emozioni dirompenti che si verificheranno in occasione di fallimenti personali.

Nella fase adolescenziale il soggetto deve cercare di raggiungere un equilibrio tra percezioni contraddittorie: da una parte l’emergenza delle capacità logico-formali induce nell’adolescente l’affiorare di un senso di sé come attivo protagonista della propria realtà; dall’altra parte la sensazione di isolamento e di non controllabilità delle proprie esperienze interpersonali innesca un senso di passività e di disperazione che vanifica qualsiasi tentativo di elaborare una identità di sé più attiva.

Nella coerenza sistemica del soggetto oramai adulto gli schemi di elaborazione di emozioni che prevarranno saranno improntati all’autocolpevolizzazione.  Quantità rilevanti di rabbia vengono ordinate e strutturate in atteggiamenti oscillanti tra l’autopunizione e l’autocommiserazione, la qual cosa spiega l’elevata incidenza nei soggetti depressi di comportamenti autodistruttivi quali il tentato suicidio o i suicidi effettivi o l’uso di sostanze come droghe o alcool.

La loro attitudine verso la realtà è centrata sulla percezione di un gap tra la propria esperienza e quella degli altri, la cui intensità varia in funzione della qualità della rabbia che modula i loro rapporti interpersonali. Invece l’esperienza di solitudine è vissuta come condanna ed elezione allo stesso tempo.

                                             Giacoma Cultrera

L’immagine  di copertina è stata tratta da unsplash.

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