La disgrafia nei bambini

De Ajuriaguerra affermava che il bambino entra a scuola per gioco e poi si accorge che di gioco non si tratta affatto. L’apprendimento scolare è il risultato dell’interazione di vari fattori biologici, educativi, culturali, motivazionali e sociali. Bambini con modesti difetti strumentali, ad esempio, di tipo percettivo, o funzionali, come dislessia e discalculia, possono trovare all’inizio della scuola, obiettive difficoltà e ciò innescherebbe un processo inibitorio che sostiene il rifiuto a competere, a commisurarsi e ad identificarsi.

Abbiamo tre ordini di disturbi che corrispondono ai tre ambiti più classici dell’istruzione scolastica:

disgrafia;

dislessia;

discalculia.

La disgrafia è secondo il DSM IV la caduta al di sotto della norma della prestazione di scrittura in rapporto a quanto ci si attende da un soggetto di una certa età, intelligenza, scolarità. Secondo Brotini è la difficoltà specifica di riprodurre i segni alfabetici e numerici il cui tracciato appare incerto, irregolare nella forma e nella dimensione e in ogni caso inadeguato ai modelli.

La disgrafia va tenuta distinta dalla disortografia che, invece, è riferita ai contenuti, i quali possono riguardare la parola e in questo caso si avranno omissioni di lettere, mancanza di apostrofi, accenti, uso inappropriato delle concordanze;  oppure la frase e, in questo secondo caso, si riscontreranno errori nelle regole grammaticali e sintattiche.

Questa distinzione è molto importante sotto il profilo della riabilitazione, che è più psicomotoria per la disgrafia e neuropsicologica per la disortografia.

I disturbi della scrittura non possono essere adeguatamente compresi se non si considerano i metodi di insegnamento di questa che vanno sottoposti a dotta e vasta revisione.

Il processo di apprendimento della scrittura contempla tre tipi di prestazione:

  1. Il dettato, che in italiano è favorito dall’elevata coincidenza tra grafemi e fonemi, cosa, ad esempio, che non accade in inglese. Nell’analisi del dettato noi possiamo riscontrare turbe fonologiche, le quali diventano causa di errori ed omissioni e turbe ortografiche, che invece inducono errori nella scrittura di parole omofone. Va ricordato che le turbe fonologiche sono più facili da risolvere e scompaiono più facilmente.
  2. La scrittura spontanea, la quale richiede che si realizzi la convergenza di un numero elevato di elementi neuropsicologici, tra cui i patterns grafomotori, il controllo motorio, le competenze della mano, l’analisi oculomotoria…
  3. La copia, che comporta la messa in opera di prassie costruttive e visive, ricordando che la impossibilità di copiare non impedisce la scrittura come avviene nei ciechi.

L’apprendimento della scrittura è molto complesso e richiede l’integrità di molte vie nervose. Tra i primi prerequisiti a dover essere integri sono quelli percettivi visivi, psicomotori ed esperienziali; altri che sono richiesti progressivamente man mano che la scrittura viene appresa sono sempre di tipo percettivo, ma uditivi e neuropsicologici, cioè linguistici, spaziali, temporali, connessi alla dominanza.

Il mancino non è un disgrafico, ma può divenirlo se viene corretto malamente e non facilitato, utilizzando le tecniche ad personam più idonee per farlo scrivere con fluidità e senza sforzo eccessivo.

Il trattamento della disgrafia e della disortografia è piuttosto complicato, perché ogni trattamento deve prevedere un’analisi individuale accurata, al fine di riconoscere il tipo di errore prevalente nella sua reale entità e di lavorare su questo in modo isomorfo, cioè eseguendo un trattamento mirato e non generico.

Se si considera la distinzione classica, in base alla quale la disgrafia è la difficoltà primaria di eseguire il gesto grafico, allora bisogna prendere in considerazione le alternative alla scrittura manuale, come la scrittura con le lettere mobili, quella a macchina o con il computer. Tuttavia, il nostro intervento deve essere finalizzato a sviluppare e consolidare quelle aree che sono più deboli e più si interviene su un bambino piccolo migliori sono i risultati: occorrono esercizi motori e percettivi, bisogna curare la direzione dello sguardo, effettuare attività psicomotorie come la tecnica dello strappo, del ritaglio e altre.

Più complesso è il caso della disortografia, perché le difficoltà sono dovute ad una disorganizzazione neuropsicologica. Condizione fondamentale per porre diagnosi è che il bambino abbia un livello intellettivo normale. Le sedute non sono delle lezioni, bensì momenti in cui si lavora in due per riconquistare la motivazione e lottare contro un atteggiamento di rinuncia che tende ad instaurarsi.

Spesso ricorriamo al programma Frostig con l’esecuzione di una serie di esercizi che agiscono su cinque aree:

  1. La coordinazione oculo-manuale;
  2. La percezione figura-sfondo;
  3. La costanza percettiva;
  4. Il corretto riconoscimento delle posizioni spaziali e delle relazioni spaziali.

Un trattamento attento e sistematico condotto da un terapeuta esperto produce risultati di grande interesse, che migliorano notevolmente la vita del bambino.

Un’attenzione va rivolta a quei bambini che presentano una deficienza dei difetti uditivi modesti e clinicamente non apprezzabili: il loro riverbero sulla scrittura è, comunque, evidente, e in tutti questi casi la correzione del difetto percettivo dimostra che il risultato diventa la normalizzazione della prestazione con l’inevitabile miglioramento della qualità di vita del soggetto.

                                       Giacoma Cultrera

L’immagine di copertina è stata tratta da unsplash.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *