Lo sviluppo storico della scrittura

Dalla Grecia Classica al mondo post-moderno

Quando i Greci cominciarono ad avere una certa familiarità con l’alfabeto una delle prime opere molto note nel mondo dell’oralità che venne trascritta fu l’Iliade di Omero. Il poema è intriso di racconti in cui il mondo degli dei che rappresenta l’”interiorità” è fortemente presente nella vita degli eroi, che ancora non distinguono l’immaginazione dalle visioni allucinatorie. Nella società che viene in qualche modo descritta non si coglie, infatti, in questo primo tempo un adeguato sviluppo di un metalinguaggio.

Il passaggio ad un mondo della scrittura più consapevole si profila in modo evidente nel medesimo autore nell’Odissea, proprio per la differente versatilità “narrativa” che intercorre tra i due poemi omerici. L’Iliade è un’opera corale, nell’Odissea, invece, il poeta si concentra su un personaggio, Odisseo. Ne cura la psicologia in modo dettagliato, ne descrive le caratteristiche umane: quelle di un uomo che è alla perenne ricerca della “conoscenza”, con la sua instancabile voglia di esplorazione mista ad una grande umanità. Allo stesso tempo Odisseo è un uomo pieno di contraddizioni, di dubbi e che commette molti errori, diverso dal βασιλεύς dell’Iliade, ed è esattamente questo aspetto psicologico che lo rende un uomo estremamente moderno: diremo dei nostri tempi. L’utilizzo dell’astuzia, dell’inganno, del sotterfugio dominano l’Odissea: lo vediamo nell’ultima scena dell’Iliade, ideata da Odisseo con il tranello del “cavallo” di Troia, per proseguire con Polifemo, l’attraversamento del mare delle Sirene, l’arrivo ad Itaca, dove travestito da mendicante fa strage dei Proci.

Ἄνδρα μοι ἔννεπε, Μοῦσα, πολύτροπον, ὃς μάλα πολλὰ
πλάγχθη, ἐπεὶ Τροίης ἱερὸν πτολίεθρον ἔπερσε·
πολλῶν δ’ ἀνθρώπων ἴδεν ἄστεα καὶ νόον ἔγνω,
πολλὰ δ’ ὅ γ’ ἐν πόντῳ πάθεν ἄλγεα ὃν κατὰ θυμόν,
ἀρνύμενος ἥν τε ψυχὴν καὶ νόστον ἑταίρων.
ἀλλ’ οὐδ’ ὧς ἑτάρους ἐρρύσατο, ἱέμενός περ·
αὐτῶν γὰρ σφετέρῃσιν ἀτασθαλίῃσιν ὄλοντο,
νήπιοι, οἳ κατὰ βοῦς Ὑπερίονος Ἠελίοιο
ἤσθιον· αὐτὰρ ὁ τοῖσιν ἀφείλετο νόστιμον ἦμαρ.
τῶν ἁμόθεν γε, θεά, θύγατερ Διός, εἰπὲ καὶ ἡμῖν.

L’Odissea è il viaggio della “conoscenza” e in quanto tale non può essere lineare, lapalissiana, bensì è spesso tortuosa e anche un po’ ambigua: non è mai come appare a prima vista. In tutto questo il contrasto con l’Iliade è abissale!

Odisseo sviluppa una notevole abilità nell’arte della simulazione per sopravvivere e anche dell’inganno: lo fa con notevole maestria attraverso l’abilità del racconto alternando con sapienza pause e narrazione: incanta con le sue parole la maga Circe così come con l’astuzia sfugge al gigante Polifemo.

In quest’opera emergono “emozioni elaborate” che fanno parte del self-conscious come la nostalgia o la pudicizia di Nausica che innanzi all’eroe nudo lo fa aiutare, ma in lei si attivano un insieme di note emozionali superiori che la portano ad innamorarsi di lui!

Nella sua struttura e svolgimento possiamo dire che l’Odissea è il primo poema moderno, nel quale vengono sviluppati livelli di astrazione e di temporalità del racconto con tempi narrativi che ci permettono di cogliere quelle sfumature emotive che sono prerogativa fondamentale della complessità umana. Il poema descrive la nascita di una nuova consapevolezza di Sé! Odisseo, infatti, non si muove più dietro i suggerimenti degli dei, se non in minima misura, ma è l’uomo che con la sua sete instancabile di conoscenza cerca il senso della sua vita senza sapere se lo troverà. Una novità assoluta per il periodo storico!

Un altro esempio eloquente che è successivo cronologicamente ad Omero è Esiodo, autore delle Opere e i giorni e del testo il cui titolo è la Giustizia, nel quale oltre all’uso del linguaggio scritto l’autore approda ad una nuova scoperta: una categoria cognitiva di metacognizione che è qui costituita dal concetto di giustizia, che rappresenta una rudimentale concettualizzazione astratta legata al comportamento condiviso da più individui.

Certo non possiamo ignorare l’enorme contributo alla scrittura e allo sviluppo di una maggiore interiorizzazione dell’Io che la Grecia ha dato, oltre che alla formazione di categorie astratte su temi di interesse collettivo.

I tragici raggiunsero un’elevata liricità e trattarono temi di grande impatto psicologico: Antigone si ribella a Creonte e alle leggi barbariche della città uccidendosi a sua volta; invece, nell’Edipo re e nell’Edipo a Colono Sofocle affronta il tema dell’incesto e del parricidio.  La successione degli avvenimenti dimostra una ricerca consapevole degli effetti sortiti dalla sospensione e dal colpo di scena. Tuttavia, il dramma è costruito in funzione dell’azione!

Euripide, d’altro canto, affronta con Alcesti il tema eroico del sacrificio estremo per l’altro per amore, mentre nella Medea tratta il tema gravoso della vendetta e dell’infanticidio così come in Ippolita il suicidio. Insomma, tutti temi che richiedevano una capacità di interiorizzare verità atroci e condividere nella collettività livelli di astrazione superiori.

Lo stesso riscontriamo nelle disquisizioni filosofiche di Platone come nel Timeo, dove approfondisce temi sull’origine del cosmo, sulla struttura fisica delle cose e sull’iperuranio o nel Fedro, nel quale disquisisce dell’anima, della follia, dell’arte, o in quelle di Aristotele la cui Poetica, per citarne una, ha fatto scuola con i principi da lui enunciati fino ai nostri giorni.

Categorie astratte di una certa rilevanza sempre derivate dalla regolamentazione del comportamento sociale le ritroviamo anche nei numerosi scritti riguardanti il Diritto Romano così come i valori etici di una certa rilevanza erano alla base del mos maiorum fin dai tempi del circolo degli Scipioni.

Quello che aveva cominciato a definirsi e a strutturarsi subisce una battuta di arresto con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente. Le invasioni barbariche portarono ad una perdita di gran parte degli scritti provenienti dall’antichità. La popolazione cominciò a vivere per lunghi periodi, secoli, in condizioni precarie, di fame e di malattie. Tutto ciò comportò un imponente impoverimento culturale con un ritorno ad un mondo prevalentemente orale e la scrittura diventò appannaggio esclusivo dei monaci.

Si ritornò ad un Io interno non individualizzato, quasi collettivo: esercitavano tutti le stesse pratiche, gli stessi rituali, avevano le medesime categorie di valutazione e soprattutto la stessa religione, il Cristianesimo e con questo la confessione, cioè un dialogo interno con Dio che non esisteva nelle forme pagane.

Secondo V. Guidano l’emergere di una interiorità individualizzata si ha compiutamente con l’Umanesimo ed il Rinascimento, cioè nei secoli in cui comincia a dominare una visione del mondo “antropocentrica”, nella quale è l’uomo protagonista della realtà! Il Medioevo da questo punto di vista si contraddistingue come periodo, in cui il soggetto non ha questa valenza di protagonismo, bensì domina il “teocentrismo”.

Nella comprensione di tutto ciò ci aiuta la storiografia moderna con gli studi di Fernand Braudel e Philippe Ariès. Quest’ultimo in modo particolare è stato uno dei primi che dimostrò che il senso della morte che riguarda il Self inizia intorno al 1400. Ariès, infatti, ha condotto scrupolose indagini sui cimiteri e si accorse che in epoca medievale gli epitaffi erano collettivi, la persona era sempre considerata in funzione del sociale; è solo nel 1400 che si cominciarono a ritrovare epitaffi personalizzati.

Nel 1300 anche Il Dolce Stil Novo rappresentò un’anticipazione di un’affettività staccata rivolta agli stati d’animo della persona.

La suddivisione in sequenze cronologiche, tematiche e causali che presenta continuamente un parallelismo con l’ambiente circostante viene raggiunto solo nel XVIII secolo. Guidano valuta l’esempio di Edgar Allan Poe, nei cui romanzi del terrore la cronologia, le sensazioni dei personaggi, la loro corrispondenza sono dettagli fondamentali per comprendere la conclusione della storia.

La stessa ricchezza di dettagli e particolari intersecati tra interno ed esterno li ritroviamo in Agata Christie nei suoi romanzi polizieschi e bisogna ricordarli tutti per potere comprendere la conclusione.

Il passaggio dal moderno al post-moderno riguarda essenzialmente tutto il mondo occidentale!

Il moderno ha trovato massima espressione nel razionalismo illuminista: fu questo un secolo in cui si coltivò intensamente l’idea che il presente era indubbiamente migliore del passato, si affermò la percezione dell’uomo come protagonista assoluto nel rapporto con sé stesso.

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Il passaggio dal moderno al post-moderno ce lo descrive molto bene Milan Kundera ne L’arte del romanzo, dove esamina due autori, nei quali l’uomo è protagonista assoluto del proprio destino. La prima opera è Delitto e castigo di F. Dostoevskij, dove il delitto è compiuto con assoluta lucidità dal protagonista e con altrettanta chiarezza ricerca il castigo e lo fa da solo, condannandosi e assegnandosi la punizione. L’altro autore è Kafka con i romanzi Il processo ed Il castello, dove il rapporto è invertito: l’unico elemento chiaro per il protagonista è che è processato e che, quindi, deve cercare una colpa all’esterno per rendere consistente l’interno

Il cambiamento da moderno a post-moderno inizia in questo secolo con la teoria della relatività di Einstein, che modificò le teorie fisiche sullo spazio e sul tempo e con esse cambiò per sempre le categorie cognitive fino ad allora strutturate. Da qui, infatti, iniziò la crisi dell’approccio epistemologico empirista che fino ad allora era stato sinonimo di Scienza!

                                              Giacoma Cultrera

Le immagini di copertina e del testo sono state tratte da wikipedia.

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