L’uso del biofeedback nei disturbi cardiologici

In patologie psicosomatiche come le coronaropatie, l’infarto del miocardio, l’ipertensione arteriosa essenziale, la morte cardiaca improvvisa, gli studi di Medicina Psicosomatica hanno sottolineato come lo stress possa costituire un co-fattore di rischio significativo che si affianca e si sovrappone ai fattori di rischio epidemiologici come dieta, fumo, familiarità, scarso esercizio fisico, sedentarietà. Selye introdusse in Medicina il termine stress per definire la reazione biologica , caratterizzata dallo stato di attivazione dell’asse neuroendocrino ipofisi-surrene. L’esposizione a stressors emozionali produce complesse modificazioni a livello centrale, caratterizzate da alterazioni dei principali sistemi neurotrasmettitoriali e peptidergici, accanto ad un insieme di alterazioni periferiche con modificazioni che interessano il sistema nervoso vegetativo, il sistema endocrino ed il sistema immunitario. I neuropeptidi rappresentano dei “trasduttori” ideali della comunicazione mente-corpo. E’ stato descritto un sistema peptidergico dell’azione , rappresentato principalmente da CRF, ACTH, vasopressina, TRH; CRF e ACTH costituiscono i trasduttori centrali che attivano la sequenza ipotalamo-ipofisi-corticosurrene.

Il sistema CRF-ACTH costituisce il cuore  è molto condizionata dalla valutazione cognitiva della reazione di stress. Studi sperimentali di psicofisiologia hanno dimostrato che l’elevazione della frequenza cardiaca sia rilevabile anche in situazioni di attivazione cognitiva e in assenza di qualsiasi impegno fisico o motorio. L’entità della risposta osservata. L’esposizione a condizioni di stress facilita l’instabilità elettrica a livello cardiaco.

Il biofeedback rappresenta una delle più interessanti novità in ambito terapeutico riferito ai disturbi pressori e all’infarto del miocardio. L’addestramento al controllo volontario di questi parametri richiede l’acquisizione di metodi non cruenti né dolorosi al fine di fornire al soggetto il segnale di feedback necessario. L’utilizzazione di queste nuove tecniche richiede la disponibilità di strumentazioni piccole e compatte, computer assistite, a basso consumo energetico, elevata capacità di memoria, programmazione flessibile e dotate di modalità di registrazioni di tipo digitale e di elaborazione dei dati.

Un approccio interessante è l’ “Ambulatory Assessment”, utilizzato per condurre un’osservazione ecologica  nell’ambiente del paziente. L’obiettivo è rappresentato dalla registrazione dei dati nel setting naturale del paziente, dalla diretta applicazione delle tecniche da parte del paziente con immediato riscontro sul piano terapeutico.

Il monitoraggio così effettuato presenta il notevole vantaggio terapeutico di permettere al paziente attraverso l’autosservazione e il monitoraggio dei parametri psicofisiologici di modificare le disfunzionalità registrate e impegnarsi in un miglioramento continuo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *