L’infanzia e gli abusi

Nel sociale una parte dell’infanzia è esposta a violenze molto gravi: dai maltrattamenti fisici alla trascuratezza fino all’abuso.

Le violenze sui minori comprendono una vasta tipologia di maltrattamenti, che possono essere di tipo fisico ledendo l’integrità corporea con percosse, fratture o altro; di tipo psicologico con comportamenti come minacce e denigrazione dell’identità del bimbo; o, infine, la trascuratezza che porta l’accudente a non rispettare le esigenze fisiologiche del bambino e l’abuso sessuale.

Le lesioni di tipo fisico comprendono danni cutanei, rappresentati soprattutto da morsi ed ustioni (dal punto di vista medico-legale la morsicatura umana ricalca la conformazione dell’arcata dentaria); da lesioni scheletriche localizzate prevalentemente nelle ossa lunghe, essendo il risultato di movimenti di rotazione e di torsione dell’arto o di un’azione diretta sull’osso che il minore difficilmente può provocarsi da solo; da fratture delle ossa del torace, che sono, in genere, il risultato di una violenta compressione in senso antero-posteriore. Le fratture del cranio, invece, che rappresentano la causa più frequente di morte nel minore si associano a danni neurologici e versamenti intracranici. Anche le lesioni endocavitarie (addominali e endotoraciche) rappresentano circa il 3% dei maltrattamenti fisici e con le lesioni epatiche, spleniche e renali sono molto frequenti. Le lesioni oculari sono rappresentate da ematomi periorbitali, da emorragie intraoculari, da lussazioni del cristallino e distacchi di retina. La morte è la complicanza più frequente dei maltrattamenti fisici e rappresenta la 4 causa di morte nei bambini sotto i 5 anni di età, che, in genere, avviene per asfissia, trauma cranico, lesioni addominali…

Queste lesioni vanno segnalate, perché rappresentano vere e proprie torture e aggressioni che il minore subisce e dalle quali non è in grado di difendersi. In certe culture come in Sudan vengono praticate delle cicatrici ornamentali, ferendo il bambino in alcune parti del corpo e ponendo dentro cenere e altre sostanze per indurre un’infezione che provocherà la formazione di cheloidi (cicatrici abnormi). Altre ferite diffuse in centro America e in Africa sono le deformazioni di orecchie, naso e labbra o la mutilazione dei denti, la mutilazione dei genitali, la deformazione del piede diffusa in Cina e la deformazione del capo ottenuta attraverso l’uso di telai. Questi maltrattamenti che hanno uno sfondo culturale possono essere interpretati come la concretizzazione di un’aggressività intra-gruppale a sfondo sadico verso le parti più deboli da un punto di vista sociale.

Il periodo di maggiore incidenza del maltrattamento corrisponde ad una fascia di età compresa tra i 0 e i 3 anni, proprio a causa della notevole disparità di forze tra la vittima e il/la propinatore/trice di violenze. Ci sono delle categorie più a rischio: ad esempio, i bambini che per le loro condizioni psicofisiche richiedono un continuo accudimento più facilmente generano nell’adulto frustrazione, rifiuto e aggressività reattiva; un’altra categoria è rappresentata dai bambini, che mostrano iperattività, disforia, eretismo psichico, i quali provocano nel genitore frustrazione per la difficoltà di controllarlo; un’ulteriore categoria a rischio è costituita dai figli adottivi o contesi, che possono essere bersaglio di conflittualità emotiva, la quale si esprime con il passaggio all’azione aggressiva.

Non c’è uno stereotipo del genitore che maltratta. Ciò che statisticamente rileviamo è che, in genere, è di sesso femminile, ha un’età compresa tra i 20 e i 40 anni, ha una scolarizzazione medio-alta e presenta una instabilità emotiva innanzi alle frustrazioni. La famiglia si caratterizza per la scarsa capacità di essere solutori di problemi e per la  incapacità di gestire l’ansia che è correlata a certe situazioni stimolo.

Alle forme descritte si aggiunge il maltrattamento psicologico, dove i confini sono spesso sfumati ed è difficile riuscire ad isolarlo. In genere, è esercitato attraverso l’uso di messaggi ambigui, paradossali…, la cui comprensione non è di facile visibilità sociale. In questo raggruppamento va annoverata, anche, la mancanza di empatia, il mancato riconoscimento dell’identità del figlio e della sua creatività. I genitori non vogliono e non comprendono i vissuti del figlio. Abbiamo, inoltre, la famiglia apodittica, nella quale si elargiscono ordini, ma non si danno spiegazioni. Spesso ci imbattiamo in strutture familiari che attribuiscono al minore un’identità negativa, lo reputano “cattivo” o “incapace”, favorendo così anche comportamenti devianti o criminali in età minorile. Queste famiglie non vivono il minore come un individuo, dotato di una propria identità, creatività, libertà di scelta, ma solo come un oggetto che può essere guidato. Nelle famiglie possessive il controllo sul bambino diventa intrusivo, per cui l’accudimento e la protezione della madre diventano limitanti al punto da generare angoscia e stimolare fantasie “psicotiche”, come l’angoscia di confondersi con la madre.

La trascuratezza rientra, anche, nei comportamenti di violenza ed è rappresentata da tutta una serie di accudimenti che non sono presenti verso il bambino, come proteggerlo dal freddo o dalla fame o permettergli una vita normale con scolarizzazione e socializzazione con gli altri. Spesso l’abbigliamento è inadeguato all’età, mostrano carenze igieniche gravi al punto da sviluppare dermatiti recidivanti o malattie parassitarie come la scabbia o le pediculosi. Ci possono essere fistole, ascessi o diete inadeguate con assunzione di alcool o altro che portano a ipotrofia ponderali. In quest’ambito sono frequenti le famiglie caratterizzate da “deprivazione” o da “incapacità genitoriale”. La famiglia molto deprivata dal punto di vista economico è incapace di fornire emozioni e affetto adeguati. Quelli che mostrano trascuratezza per incapacità genitoriale spesso hanno subito nella loro infanzia carenze materiali e affettive, ma continuano a perpetuare un ciclo. Tra le forme di trascuratezza la massima estremizzazione è l’abbandono fisico ed emotivo del minore.

L’ultima forma di violenza è l’abuso sessuale, cioè quell’insieme di comportamenti che provocano disagi tali da determinare danni psichici nel futuro. Si possono esprimere con toccamenti, carezze o violenza con penetrazione… oppure con comportamenti mascherati come frequenti lavaggi dei genitali, ossessive ispezioni del corpo del minore, o ancore pseudoabusi, in cui il minore pur non essendo attivamente coinvolto è vittima che osserva. La visione della scena primaria, cioè del rapporto sessuale tra un uomo e una donna, in determinati soggetti viene percepita come un’aggressione sadica.  Ci sono “incesti mascherati” che si connotano per le verbalizzazioni dei genitori che in modo intrusivo prevaricano e si inseriscono negli apprendimenti della sessualità del minore. Abusi si riconoscono anche in famiglie, nelle quali l’incesto desiderato da un componente è “delegato” ad un altro familiare che mette in atto il desiderio incestuoso. Naturalmente si possono individuare fattori di rischio predisponenti: ad esempio, tra i fattori familiari si annovera la ripetizione generazionale di “cicli di violenza”; tra i fattori sociali abbiamo il basso livello di istruzione, le carenze socioeconomiche, la disoccupazione dei familiari; e, infine, la psicopatologia dell’adulto (psicosi, disturbi di personalità…) e come è gestita dall’ambiente familiare.

I bambini che vanno incontro ad abusi sessuali sono più suscettibili di sviluppare sentimenti di paura, rabbia, confusione, colpa, vergogna, tristezza, di diversità e solitudine.

Gli interventi da un punto di vista clinico in tutti questi casi sono complessi, perché qualunque forma di violenza va segnalata agli organi preposti con attivazione del servizio sociale e l’intervento del tribunale dei minori, il quale ha l’autorità, coadiuvato da tante figure competenti, di intervenire in situazioni critiche con l’affido temporaneo o la disposizione che venga seguito da un punto di vista psicologico.

La psicoterapia di questi bambini comporta sia l’intervento sul sociale per migliorare la situazione ambientale che il colloquio progressivo, giocoso con il bambino a che progressivamente e solo molto lentamente vengano fuori certe verità. Il gioco, il disegno, i test proiettivi tramite immagini si possono rivelare utili al fine di stabilire, intanto, un contatto con il minore. L’ esecuzione di una serie di provvedimenti che migliorano le situazioni osservate inizialmente e la capacità narrativa di storie, nelle quali il bimbo può, a seconda del danno psicologico subito, proiettare elementi che fanno parte del suo vissuto senza averne consapevolezza, risultano di grande utilità. In base all’età solo con la crescita progressiva si possono trarre degli elementi che ci aiutano a comprendere la gravità degli abusi e delle violenze. Tuttavia, è importante che il bimbo si imprinti su un terapeuta senza alternanze burocratiche in modo da avere una figura di riferimento nell’accudimento, la quale lavorerà sia sul piano sociale e delle condizioni esistenziali che su quello intimo psicologico, aiutandolo a costruire quelle categorie cognitive che per sopraffazione o trascuratezza gli sono state negate.

                                            Giacoma Cultrera

 L’immagine di copertina è stata tratta da unsplash.

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